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La felicità 17 dicembre 2008

Posted by orfeopellicciotta in diritti umani, evoluzione, Filosofia, Pensieri, psicologia, Riflessioni, Uncategorized, vita umana.
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Che cos’è la felicità?  La felicità è un sentimento relativo, molto personale. Ognuno ha il suo valore di felicità e lo percepisce in modo diverso. Una persona povera può ottenere un giorno di felicità quando riesce a mangiare un pranzo abbondante e appetitoso. Viceversa per un ricco manager, un buon pranzo è un valore già acquisito e assodato e la felicità è raggiunta solo quando ottiene qualcosa che ancora manca, come la firma di un contratto milionario.

Siamo tutti diversi, non solo nell’aspetto fisico, ma soprattutto per le differenti situazioni economiche, sociali e culturali. Anche le diverse esperienze personali, vissute nel corso degli anni, influenzano le caratteristiche individuali della felicità.

La natura, con le sue creature animali e vegetali, è in continua evoluzione, sempre alla ricerca di una migliore configurazione, una maggiore efficienza.

L’uomo, analogamente, realizza lo scopo della propria vita cercando sempre di migliorare la propria condizione sociale ed economica. Ottiene un giorno di felicità quando realizza un piccolo passo verso questo miglioramento e viceversa subisce la tristezza quando perde qualcosa di già acquisito o si rende conto di non poter raggiungere la meta prefissata. Anche la semplice mancanza della speranza di poter migliorare può indurre una profonda tristezza.

La ricerca della felicità è quindi un fenomeno prodotto dalla natura per spingere l’individuo a evolversi, a migliorarsi continuamente. L’evoluzione continua rende la vita più interessante e contemporaneamente la protegge dal possibile degrado. L’istinto di sopravvivenza, di cui tutti gli esseri viventi sono dotati, potrebbe non essere sufficiente a garantire, da un punto di vista generale, il mantenimento della specie.

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E’ difficile dare dei consigli su come essere felici, perché dovrei essere capace a spiegare, a ciascuno di voi, come migliorarsi continuamente.  Ognuno è diverso e quindi le strade da percorrere sono personalizzate.

Il primo passo da effettuare è quello di conoscere se stesso, come già consigliavano gli antichi filosofi greci. Dopo essersi conosciuti e riconosciuti, bisogna sapersi accettare, e ciò è molto importante. Non dobbiamo sforzarci di essere simili agli altri, è indispensabile invece, essere se stessi. La natura applica in modo rigoroso il processo di bio-diversità, perché esige che siamo tutti diversi per favorire l’evoluzione.

La natura ti ha donato dei pregi e dei difetti, devi saperli accettare nella loro globalità. Dopo aver constatato le tue qualità e le tue limitazioni, dovrai saper sfruttare le tue potenzialità per cercare di migliorarti, tenendo sotto controllo i difetti che potrebbero danneggiarti.

Per ottenere dei momenti di felicità dovrai raggiungere un determinato obbiettivo. Il trucco può essere di programmarsi degli obbiettivi piccoli e realizzabili, tanti piccoli passi, stabiliti in base alle nostre reali capacità di compierli e soprattutto effettive necessità. La vita è più bella se hai tante piccole, ma frequenti, gioie, piuttosto che poche ma intense.

L’acquisto di un nuovo oggetto, il raggiungimento di un obbiettivo, fornisce una quota di felicità, ma la sua durata è limitata, perché dopo un certo tempo arriva l’assuefazione. Il nuovo stato di vita diventa acquisito, quindi normale, e si cercano altre mete da raggiungere.

Fai attenzione al fatto che più cose hai e più hai da perdere. Se ti leghi eccessivamente alle cose subentra la paura per la loro mancanza. Cerca di legarti solamente alle cose sicure e necessarie.

Non lasciarsi influenzare dagli obiettivi degli altri perché loro sono diversi e hanno una differente vita ed altre esigenze.

Sognare, sperare in obiettivi per noi irraggiungibili, può essere demoralizzante. Invidiare gli altri perché hanno raggiunto i loro obbiettivi è inutile oltre ad essere frustrante.

Sognare la vita da re quando si odia la nobiltà e i loro vizi, non ha senso. Sognare di possedere il panfilo quando si soffre il mal di mare è decisamente sbagliato.

Sogna solamente i tuoi sogni non quelli degli altri, non lasciarti ingannare dalla pubblicità, dalle mode, dalle consuetudini e dai falsi bisogni.

Se ti affanni a realizzare un obbiettivo inutile, per le tue reali necessità, ti costerà molto impegno e infine non ti fornirà la felicità sperata.

L’impegno verso una meta non adeguata alle proprie capacità, sarà senz’altro molto onerosa e potrà generare malattie psicosomatiche dovute all’eccessivo stress. Quando si riscontrano delle notevoli difficoltà a raggiungere certi incrementi di posizioni, anche minimi, significa che si sta procedendo contro-natura, che quella direzione non è idonea alla propria personalità o capacità. La felicità ottenuta con l’eventuale raggiungimento di un tale obiettivo non sarà sufficiente a compensare gli effetti negativi collaterali.

Con la penuria di posti di lavoro che esiste in Italia, spesso si tende ad accettare la prima occasione che capita, senza badare se tale incarico è effettivamente adatto alla propria personalità e fisicità. Sbagliare una scelta del genere può comportare delle conseguenze tragiche. In tale caso si commette un doppio errore perché si preclude ad altri, più adatti, il raggiungimento della propria felicità.

Insomma, come si può raggiungere la felicità?

Guarda dentro te stesso, con sincerità, non ingannarti da solo. Cerca di capire quali sono i tuoi difetti e i tuoi pregi (tutti hanno dei pregi). Può essere utile ricordare quali sono state le azioni subite che ti hanno dato fastidio e quelle che hai gradito. L’aiuto di amici o persone care può essere efficace perché l’osservazione dall’esterno consente un’ottica diversa e forse più obiettiva. Scrivi quindi un elenco con i tuoi difetti e le qualità.

Approfondisci le caratteristiche positive del tuo carattere ed elabora tutte le conseguenti possibilità, tutte le azioni che tali pregi posso realizzare. Organizza le tue prossime giornate in modo da avere l’opportunità di applicare da punto di vista pratico l’azione più facile da realizzare.

Un altro aspetto importante è quello di considerare che il mondo che ci circonda può essere inteso come una grande ragnatela che collega tra loro le persone, le istituzioni, tutti gli esseri viventi e la natura nel suo insieme. In questa ragnatela vige la “legge della reciprocità” che tende a restituire ciò che dai. Se desideri ottenere dagli altri l’amore e l’amicizia devi fornirla a tua volta per primo.

Le scelte future e le azioni dovranno essere realizzate nell’ottica della lealtà, onestà e della legalità affinché il mondo ti restituisca un ambiente in cui vivere serenamente, condizione necessaria per la felicità.

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Lo scopo della vita (parte 2) 3 novembre 2008

Posted by orfeopellicciotta in evoluzione, fenomeni paranormali, Filosofia, paranormale, Pensieri, religione, Riflessioni, Teologia, Uncategorized, vita umana.
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La definizione dello scopo della vita è difficile sia da descrivere sia da comprendere. Il precedente articolo “Lo scopo della vita” potrebbe non essere stato sufficientemente chiaro, perciò per semplificare il concetto mi avvalgo del paragone con un’automobile. L’auto è un oggetto, relativamente complesso perché è composto di molti pezzi integrati fra loro. In aggiunta la similitudine con un oggetto meccanico non ci coinvolge emotivamente e non fa scattare i pregiudizi che potrebbero compromettere la piena assimilazione dei concetti che intendo esporre.

Immaginiamo una ruota posta su un tavolo. E’ una bella ruota, perfettamente rotonda, realizzata con materiale in lega leggera, uno pneumatico bello gonfio, con i solchi del battistrada leggermente consumati dall’uso. La ruota ha anche un largo foro centrale, e quattro buchi più piccoli, posti ai quattro lati di un ipotetico quadrato. C’è anche una valvola per gonfiare la gomma, protetta da un piccolo cappuccio di plastica che si avvita sulla valvola stessa.

Scopo della vita_2

Osservando questo cappuccio mi sono ricordato che un giorno ne ho visto uno uguale, in terra accanto al marciapiede della strada vicina a casa. Quel giorno mi sono domandato a cosa servisse quello strano oggetto, dall’apparenza insignificante, e per quale motivo si trovasse sull’asfalto. In pratica mi sono domandato quale fosse lo scopo di quell’oggetto di cui non sapevo neanche il nome. Finalmente, ora, dopo aver costatato la sua allocazione, in un oggetto più grande, ho capito che la sua funzione è di proteggere la valvola di gonfiaggio, perché altrimenti questa si potrebbe intasare con il fango e diventare inutilizzabile.

Perché è così importante proteggere la valvola, cosa potrebbe succedere di così grave se la gomma rimane sgonfia?

Posso anche dedurre che si trovava lungo la strada perché era accidentalmente caduta da una ruota che rotolava lungo la Via Collatina, ma non capisco per quale motivo le ruote rotolano lungo le strade della città.

Osservando le cose da un livello più alto, con una visuale più ampia, si possono capire meglio le ragioni delle cose e gli avvenimenti della vita di ciò che è posto a una quota più bassa. Si può capire a cosa serve il cappuccio, la valvola e il battistrada.

Rimane comunque da comprendere la ragione della presenza del foro grande centrale e i quattro piccoli laterali.

Conoscendo e osservando solamente la ruota non si può capire quale sia lo scopo della sua esistenza nel mondo, quale sia la sua utilità, cosa diventerà in futuro, perché è stata realizzata e da chi.

Ho deciso quindi di analizzare la questione e mi sono documentato con un’approfondita ricerca. L’oggetto che stavo esaminando era il frutto di una lunga evoluzione tecnica che si è protratta in migliaia di anni. Anticamente la prima ruota era di pietra, dopo con l’evoluzione della tecnica è stato possibile realizzarla di legno, dopo molti secoli è stata alleggerita utilizzando i raggi, solo successivamente è stata ricoperta di gomma per renderla più comoda e meno rumorosa. Anche per le ruote, come per tutti gli esseri viventi, si può applicare il principio della diversità, infatti, esse possono essere di varie dimensioni, larghe, strette, alte, differenti colori e materiali, e con il battistrada di vario tipo.

L’unico modo che mi rimane per chiarire il mistero dello scopo della vita della ruota è di capire la ragione della presenza dei fori (di fissaggio). Poiché anche per le parti meccaniche, come per tutti gli esseri viventi, vale il principio dell’accoppiamento, si può ritenere che tali fori sono necessari per collegarsi a un altro oggetto. Si tratta, quindi di cercare e trovare nel mondo quell’oggetto che si può accoppiare con esso e che quindi presenta il mozzo che si può adattare perfettamente. Trovando l’oggetto che si accoppia con la ruota, posso realizzare la funzione al livello superiore, e forse capire la destinazione finale.

Non mi rendevo conto che, anche dopo aver trovato l’asse che si adattava alla ruota, il mistero sarebbe rimasto comunque perché sarebbe mancato l’avantreno, lo sterzo, il motore, i sedili, la carrozzeria e tante altre cose che si sarebbero perfettamente adattate l’una con l’altra.

Se avessi potuto vedere, anche solo per un attimo, un’automobile completa, avrei immediatamente intuito tutta la situazione. Dall’alto posso capire facilmente lo scopo e la funzione di tutti gli elementi che compongono un insieme, ma dall’interno non ho mai la visibilità sufficiente, e ogni passo richiede un grande studio e impegno.

Mi sorge un dubbio amletico.

E’ stata la necessità dell’automobile a determinare la creazione della ruota e i relativi accessori?

Oppure è stato un accessorio come il cappuccio che accoppiandosi con la valvola e le altre parti della ruota stessa, e poi questa ricercando i suoi simili sparsi nel mondo e unendosi opportunamente con altri pezzi meccanici, ha realizzato alla fine l’automezzo?

La prima ipotesi richiede che ci sia una certa forma d’intelligenza in grado di progettare l’automobile nel suo complesso, e in base alle caratteristiche richieste, realizzare tutte le sottoparti che si accoppiano in modo armonico. Questo metodo prevede che prima si stabilisca la finalità e la funzione del sistema che si vuole realizzare, dopodiché si può avviare la costruzione, iniziando dalle parti più piccole e procedendo a passi alla produzione dei pezzi sempre più grandi e complessi.

Questa ipotesi filosofica è normalmente conosciuta come “Disegno Intelligente”.

Secondo questa filosofia, ogni singola parte, anche la più piccola, è stata progettata e realizzata con lo scopo primario di garantire le prestazioni finali al sistema complesso che la comprende e quindi ha senso solo al suo interno. Per questo motivo il banale cappuccio protettivo è in realtà importante perché, se si presentano determinate circostanze, si può fermare il viaggio dell’auto.

La seconda ipotesi è conosciuta come “Evoluzione naturale”, e sostiene che un piccolo elemento accoppiandosi casualmente con gli altri simili vicini, può dopo un numero infinito di tentativi, realizzare un sistema più complesso. La selezione naturale provvederà automaticamente a escludere le combinazioni fasulle lasciando in vita solamente quelle valide e in grado di accoppiarsi con altri elementi più grandi e procedere quindi verso il sistema complesso. Le auto che casualmente saranno prive del cappuccio finiranno con l’essere rottamate, e rimarranno in circolazione solamente quelle perfette.

Dopo questa deduzione mi sembra chiaro che la tesi del Disegno Intelligente è più coerente e attendibile di quella dell’Evoluzione Naturale.

Il paragone con l’automobile è perfettamente compatibile con gli esseri viventi. Anzi essendo questi molto più complessi di un qualsiasi macchinario è inconcepibile considerarli frutto di una casuale evoluzione.

L’essere vivente e i prodotti elettromeccanici sono fondamentalmente realizzati con gli stessi componenti di base, cambiano solamente le percentuali, soprattutto per la presenza dell’acqua che per i primi è in proporzioni elevate (70-80%), mentre negli altri è quasi assente.

Non si può affermare che il Disegno Intelligente non è applicabile agli esseri viventi perché hanno l’acqua all’interno.

Dopo questo lungo ragionamento possiamo capire lo scopo della vita umana?

Se il Disegno Intelligente è confermato significa l’evoluzione dell’Uomo non è ancora terminata, ma deve proseguire verso l’assimilazione dell’intero Universo, soprattutto verso quella parte ancora oscura.

Per comprendere lo scopo della vita umana è necessario avere la visione più ampia e osservare tutta Natura sul pianeta Terra e anche dell’Universo. Attualmente tali visioni possono essere solamente intuite o dedotte da ragionamenti filosofici, perché la scienza non ha ancora raggiunto sufficienti conoscenze.

La strada da percorrere per la ricerca però può essere individuata osservando la vita dell’Uomo e le sue interazioni con gli altri esseri viventi o la materia, ma soprattutto studiando i suoi punti di connessione che sono rimasti non collegati e che presentano aspetti misteriosi.

L’uomo possiede un “sesto senso”, che lo collega ad una dimensione infinita, fuori del tempo, che consente di vivere particolari fenomeni, attualmente considerati paranormali, che la scienza odierna non riesce a spiegare, ma che lasciano intravedere la possibile esistenza di altre entità o altre dimensioni.

Il sesto senso nell’uomo è come la presenza delle forature sulla fiancata della ruota, che non si riusciva a capire a cosa servissero finché non si trovò quella parte di auto che aveva le corrispondenti connessioni.

Cercando l’Aldilà potremo conoscere lo scopo della nostra vita e di tutta l’umanità.

In conclusione lo scopo della vita umana è quella di proseguire la sua evoluzione culturale e sociale, assimilando sempre maggiori parti dell’umanità e della natura, tendendo a comprendere anche le parti dell’universo accessibili.

Scopo della vita umana (parte 1) 18 ottobre 2008

Posted by orfeopellicciotta in evoluzione, Filosofia, Pensieri, Politica, religione, Riflessioni, Teologia, Uncategorized, vita umana.
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Sono numerose le persone che cercano di capire quale sia lo scopo della propria vita e più in generale lo scopo della vita umana su questa Terra.

Anzi penso che almeno una volta nella vita chiunque si sia posto questa domanda. Molti filosofi hanno espresso le loro ipotesi. Il tipo di risposta è, però, molto influenzata dalla propria tendenza religiosa. Si passa da un’ipotesi di vita il cui scopo è solamente orientato al divino, fino ad arrivare all’interpretazione completamente atea che non fornisce alcuno scopo alla vita perché è solamente un evento casuale.

Diciamoci francamente che l’ipotesi atea ci delude, perché è un po’ fastidioso ritenere di essere degli animali che finiranno la loro vita semplicemente come materia polverosa. Non credo che sia un atto di presunzione ritenere che l’uomo meriti qualcosa di più. Anch’io ho intenzione di presentare la mia ipotesi sullo scopo della vita degli esseri viventi, ma soprattutto dell’umanità.

Lascio il mio scritto a disposizione dei navigatori del mare di internet, che ricercano idee originali e convincenti.

Per capire il problema ho elaborato un ragionamento che risale indietro nel tempo, fino alle origini dell’universo. In questa condizione mi sono accorto che, coloro che in passato si sono posti questa domanda, sono riusciti a darsi una risposta, anche se parziale.

In origine c’erano due atomi di ossigeno che vagavano inutilmente nello spazio, annoiandosi e domandandosi a vicenda, anche loro, a cosa servisse la loro esistenza. C’era una situazione simile a quella della particella di sodio, sola nella bottiglia dell’acqua minerale. Un giorno casualmente essi incontrarono un atomo d’idrogeno, e gli chiesero se sapesse qualcosa sull’argomento. Anch’esso non sapeva rispondere. Alla fine della conversazione, quando si avvicinarono, per stringersi le mani per salutarsi, scattò il legame elettrico e i due atomi di ossigeno si fusero con quello d’idrogeno, diventando una molecola di acqua. La nuova sostanza si guardò attorno, felice della nuova forma e consistenza. Apprezzò notevolmente le nuove caratteristiche e le proprietà acquisite.

La goccia d’acqua capì finalmente, che lo scopo della vita da atomo era di accoppiarsi intimamente con altri suoi simili per diventare una molecola, per avere quindi la possibilità di realizzare maggiori ideali e migliori sostanze. Lo capì solamente dopo aver cambiato stato, e dopo essere passato al livello superiore.

Analogamente, la singola pianta trova il proprio scopo dell’esistenza solo quando s’inserisce in una foresta con tante altre piante, insieme agli insetti che permettono l’impollinazione, e la macerazione del legno vecchio. Insieme agli animali, piccoli e grandi, che vitalizzano e muovono l’ambiente.

Considerate la differenza di qualità della vita tra una piantina cresciuta solitaria nel deserto e un’altra, invece, in un folto bosco. Lo stesso ragionamento può essere riportato anche a tutti i passaggi evolutivi della materia e degli esseri viventi, fino a giungere a quello umano. Ad ogni passo dell’evoluzione, il soggetto si rende conto della limitazione dello stato precedente e della scarsa qualità della vita che aveva trascorso.

L’uomo, frutto dell’evoluzione raggiunta finora, deve quindi porsi due tipi di domande, poste a due livelli diversi. La prima riguarda il singolo individuo, la seconda considera il genere umano nel suo insieme.

Nel primo caso.

Che cosa posso fare, associandomi ad altre persone, per realizzare un compito o una funzione migliore, che da solo non posso eseguire?

Una risposta già sufficiente potrebbe essere quella di creare una sana famiglia o lavorare in modo coscienzioso per il benessere, fisico o psicologico, della collettività. In pratica è importante partecipare con tutti i mezzi che si ha a disposizione, per realizzare una società, più estesa possibile, equilibrata e serena.

Sembra un obiettivo facile da raggiungere, ma gran parte delle persone non riesce a ottenere risultati soddisfacenti, perché non s’impegna in modo costante, ma soprattutto non è consapevole dell’importanza di raggiungere lo stato successivo.

Il desiderio di associarsi, di fare amicizia, è una prerogativa innata nell’uomo, ed è dimostrata dalla tendenza che presentano i bambini e gli adolescenti a ricercare e frequentare gli amici. Questa tendenza presente nell’inconscio fin dalla nascita è poi repressa dai pregiudizi e dalle nevrosi che avvengono negli anni successivi.

Nei secoli che ci hanno preceduto, i passaggi evolutivi sono stati eseguiti essenzialmente a caso ma ora l’uomo utilizzando la propria intelligenza e volontà può accelerare i processi, indirizzandoli direttamente verso la destinazione finale, in modo che questa possa essere raggiunta più velocemente.

Per quanto riguarda lo scopo della vita di tutto il genere umano in senso più vasto, la domanda da farsi sarebbe la seguente:

Quale azione posso compiere per favorire il raggiungimento dello stato successivo all’evoluzione dell’umanità? Quale potrebbe essere lo stato successivo dell’evoluzione?

E’ facile capire che per un singolo individuo l’accoppiarsi con un suo simile possa essere il raggiungimento dello scopo della propria vita. Basta considerare la gioia e la felicità che si può ricevere dal proprio coniuge e dai figli tenuti assieme dall’amore. Successivamente, una famiglia o una società dovrebbe fondersi con altre similari, formando delle comunità sempre più vaste e affiatate, come provincie, stati e quindi continenti.

Occorre tenere presente che affinchè si possa evolgere allo stato successivo è indispensabile che il precedente sia completamente acquisito e solidificato. Nel caso si sia formato un accoppiamento è necessario che questo rimanga indissolubile, in modo da garantire la costruzione del processo successivo.

Con chi o che cosa dovrebbe fondersi il genere umano per eseguire il passo evolutivo successivo?

Dovrebbe fondersi con la Natura, con tutto l’insieme armonico degli animali, delle piante, e della stessa Terra! Si dovrebbe realizzare una connessione di tutti gli elementi della natura e della società, basata sulla reciprocità e il bilanciamento dei diritti e dei doveri. Si dovrebbe in pratica realizzare una grande ragnatela.

Su quest’aspetto, invece, le cose da fare sono ancora molte, perché spesso ci dimentichiamo dell’importanza della natura e le manchiamo di rispetto, danneggiandola. Anche le relazioni con le altre persone sono basate sulla reciproca diffidenza piuttosto che sulla fiducia, necessaria per promuovere la fusione. Agendo in questo modo allontaniamo l’obiettivo, rendendo impossibile l’opportunità di raggiungere il prossimo scopo della nostra vita. Non dobbiamo trascurare inoltre che questa evoluzione è possibile solo a piccoli passi successivi, per una questione tecnica, non si possono realizzare salti evolutivi.

Un filosofo serio, non si ferma però, solamente a questo passaggio, ma pensa anche al successivo, da raggiungere forse tra molti anni, oppure tra secoli. Guardandoci intorno, non ci limitiamo a osservare quello che conosciamo sulla nostra Terra. Intorno a noi c’è tutto un Universo, con pianeti e stelle, ancora tutto inesplorato, con molti misteri da risolvere.

Nell’universo c’è la “materia e l’energia oscura” che ha dimensioni infinite, forse in essa c’è la prossima meta da raggiungere. Verrà il giorno in cui sarà verificata la sua presenza e consistenza e sentiremo la mancanza se non possiamo raggiungerla. Il desiderio irrefrenabile degli scienziati e degli esploratori di conoscere i segreti della materia subatomica e della vastità dell’universo, proviene dall’inconscio desiderio di raggiungere quella meta che potrà realizzare lo scopo della vita umana.

Lo scopo della vita umana è quindi quello di raggiungere la fusione con tutto l’universo fisico.

Ma non saremo mai completamente soddisfatti se non potremo raggiungere anche la fusione con il mondo spirituale.

Segue parte 2 dell’articolo 

Inconscio, Istinto e coscienza 10 ottobre 2008

Posted by orfeopellicciotta in archeologia, evoluzione, Filosofia, Pensieri, psicologia, religione, Riflessioni, Uncategorized, vita umana.
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 L’opinione comune è che il comportamento degli animali è grandemente condizionate dal loro istinto. Ogni specie animale ha un determinato modo di cacciare le prede e di corteggiare la compagna. Si può sostenere che tali atteggiamenti siano il frutto dell’educazione e dell’imitazione, ma poiché questi sono uguali in tutte le latitudini, ed anche per gli esemplari vissuti in cattività, è più ragionevole che ciò avvenga, invece, a causa di un sub-strato psicologico ereditato dai propri genitori, il cosiddetto istinto animale, tipico della propria specie.

Gli animali più evoluti, specialmente quelli che vivono in branchi, o in comunità, presentano anche una certa intelligenza e consapevolezza che non può essere attribuita semplicemente all’istinto. Alcune specie adottano delle vere strategie di caccia, sono in grado di organizzare l’alveare cose se fosse un’azienda, sembrano avere dei sentimenti di amore verso il loro padrone.

Anche la specie umana è provvista di un istinto animalesco, d’altra parte l’origine è comune. Il sentimento istintivo è quello della sopravvivenza, della fame, della sete e quello sessuale. La natura ha programmato le cose inserendo nell’inconscio dell’uomo, ma anche i tutti le specie animali, questi controlli, cui è molto difficile resistere, che senz’altro garantiscono la sopravvivenza della specie stessa. L’inconscio è anche la sede per il controllo dei muscoli cosiddetti involontari: i riflessi al dolore, la respirazione, le pulsazioni cardiache, le contrazioni intestinale ecc.

Il desiderio sessuale è un sentimento istintivo che scatta immediatamente, quando un uomo vede una donna nuda. Questo fenomeno, evidentemente, non è frutto dell’educazione, ma di un istinto primordiale, realizzato dalla natura per garantirsi la riproduzione. Solo con la volontà, con l’intelligenza consapevole, l’uomo può controllare tali istinti animaleschi in modo da lasciarli scatenare solo quando è opportuno.

L’inconscio, in cui sono allocate le informazioni dell’istinto, ha il compito di gestire queste funzioni e controllare il loro andamento secondo le occasioni e le esigenze del corpo.

Il codice genetico del DNA stabilisce come devono essere realizzati gli organi del corpo, quale proteina devono produrre. Ma questo non è sufficiente a garantire la sopravvivenza nel mondo dell’intero organismo. Una cosa molto importante da aggiungere è quello di stabilire l’azione coordinata dell’insieme degli organi, il comportamento in relazione all’ambiente esterno. Senza queste ulteriori condizioni qualsiasi essere vivente non sarebbe in grado di fronteggiare le avversità che si presentano durante il corso della vita, potrebbe non raggiungere la maturità per riprodursi e continuare quindi la specie.

Appena il bambino esce dall’utero della madre deve saper respirare, ossia muovere in modo coordinato i muscoli dell’addome, anche se per nove mesi sono rimasti inattivi. Nessuno gli ha insegnato a farlo, ma il neonato già sa come. Evidentemente è un’informazione che è già acquisita nell’inconscio.

La circuiteria e i meccanismi della macchina sono congeniati per funzionare autonomamente, sono regolati e calibrati accuratamente, e dopo l’avvio sono in grado di proseguire il lavoro per cui sono stati progettati. La lavatrice, per esempio, osservandola nei particolari si presenta come una macchina relativamente complessa, in cui le varie fasi: la raccolta dell’acqua, la distribuzione del detersivo, il risciacquo, la centrifuga e lo scarico, sono tutte perfettamente coordinate e sincronizzate.

Una macchina, però, anche se perfetta, non è in grado di svolgere alcun ruolo importante se non esiste l’operatore che l’accende, l’alimenta e utilizza il suo prodotto, e la coinvolge in un ambito più vasto.

La lavatrice, per esempio, necessita che ci sia un utilizzatore che la rifornisca di acqua e detersivo, ma che soprattutto la riempia di biancheria da lavare. Inoltre è necessario che dopo il lavaggio, la biancheria pulita possa essere utilizzata, altrimenti la lavatrice non avrebbe lo scopo di esistere. La lavatrice ha un senso solamente quando è inserita nella vita sociale della casa e della famiglia.

Il corpo umano, nonostante la sua enorme complessità, può essere paragonato a una qualsiasi macchina. Il DNA controlla la crescita e il funzionamento dei singoli organi senza considerare gli elementi circostanti. L’istinto animale, situato nell’inconscio, invece svolge la funzione di coordinare e sincronizzare le varie fasi di lavoro di un certo numero di organi, considerando anche gli stimoli esterni e l’ambiente circostante, rispettando le necessità stabilite dall’utente.

L’Homo erectus, circa un milione di anni fa’, imparò a sincronizzare e calibrare il movimento dei numerosi muscoli che sono coinvolti durante il cammino e la corsa, in posizione eretta, considerando anche gli stimoli provenienti dalla pelle dei piedi e dal sensore dell’equilibrio (apparato vestibolare). Questa importante capacità è stata acquisita e tramandata alle generazioni future attraverso l’istinto. L’uomo moderno grazie a questa caratteristica è in grado di camminare correttamente anche senza rendersene conto, anche pensando ad altro. L’inconscio autonomamente coordina tutti i movimenti.

Il bambino, impara a camminare quando ha circa un anno di età. Impara questa difficile funzione in poche ore, compie i primi passi sostenuto dalle mani della madre, e subito dopo è anche in grado di correre  verso le braccia aperte. Le difficoltà, che incontra il bambino, sono dovute semplicemente alla paura di cadere, e alla muscolatura non ancora adeguata allo sforzo richiesto dal peso del corpo nella posizione eretta. Un bambino, che è sempre stato sdraiato oppure ha proceduto carponi, riesce a camminare su due piedi in pochissimo tempo solamente perché questa funzione è già acquisita e sedimentata nel suo inconscio, basta solamente riattivarla.

Imparare a pattinare richiede, invece, lunghi allenamenti, tante cadute e molto impegno perché non è un’attività naturale che l’inconscio ha previsto.

L’inconscio non finisce mai di apprendere nuove funzioni. La persona che esegue frequentemente una determinata azione, come per esempio, guidare l’auto, sciare, nuotare, suonare uno strumento musicale, acquisisce un’esperienza che è assimilata dall’inconscio. Dopo un certo tempo tale azione sarà eseguita alla perfezione senza alcuno sforzo mentale o di concentrazione. Questa attitudine potrà essere anche tramandata ai suoi figli.

Il contenuto intellettuale dell’istinto animale o umano è come il programma software di un computer, che tramite le sue istruzioni, è in grado di gestire tutte le periferiche previste, ma solamente nell’ambito per cui è stato progettato. Quando avvengono delle situazioni non attese, la reazione incontrollata potrebbe non essere conforme e può creare dei danni. L’uomo può camminare dappertutto, ma nelle condizioni che il terreno sia abbastanza piano e consistente, non ci siano gradini troppo alti o dislivelli eccessivi, altrimenti può cadere.

L’intelligenza dell’inconscio è quindi limitata a quanto previsto dal programma. (Forse il termine intelligenza non è appropriato).

L’intelligenza della coscienza o “libero arbitrio” è invece quella intelligenza che è in grado di utilizzare a suo piacimento le varie funzioni dell’inconscio ed eseguire qualsiasi azione che l’organismo è potenzialmente in grado di compiere. Mentre l’inconscio può eseguire solo ciò ha programmato, l’intelligenza umana può realizzare qualsiasi pensiero o azione, nel bene o nel male del soggetto stesso.

L’inconscio permette di camminare correttamente, muovendo armonicamente tutta la muscolatura necessaria evitando di cadere. La coscienza stabilisce in quale direzione orientarsi, scegliendo il percorso migliore ed evitando di andare verso il burrone. 

Se l’uomo avesse solamente l’istinto, senza avere la coscienza, userebbe la capacità di camminare per soddisfare il suo bisogno immediato, andrebbe per esempio a cercare la frutta da mangiare. Poichè ha anche la coscienza e una certa intelligenza, è in grado di reprimere l’istinto e preferisce utilizzare le sue capacità per piantare altri alberi che semplificheranno la sua vita in un futuro.

Riassumendo nel corpo umano ci sono quattro strati di informazioni, posti funzionalmente uno sull’altro e dotati progressivamente di maggiore intelligenza.

Il codice genetico del DNA programma la composizione delle cellule.

L’inconscio è deputato al controllo diretto e il coordinamento degli organi vitali. Su alcuni di essi la volontà non ha il potere di intervenire (non si può fermare il battito del cuore).

L’istinto animalesco si occupa prevalentemente del comportamento rispetto agli altri (anche di altre specie) e nei confronti dell’ambiente in cui si vive.

La coscienza è invece quella parte di intelligenza che, inizialmente è vuota, acquisisce le informazioni tramite l’educazione, lo studio, l’esperienza e l’imitazione.

La domanda che mi pongo, è come si possono tramandare, da una generazione e l’altra, tutte le informazioni istintive, relative all’inconscio, tipiche della propria specie.

Una delle possibili risposte potrebbe essere che all’interno del codice genetico, il DNA, ci sia qualche particolare sequenza che può descrivere le modalità di funzionamento di un gruppo omogeneo di organi. Forse i codoni ATG potrebbero avere anche un’informazione nascosta. Il genoma è stato studiato abbastanza bene e non sembra che ci sia qualcosa del genere.

Le caratteristiche attitudinali, quelle caratteriali di tutto l’individuo nel suo complesso, che si allocano normalmente in quella parte del cervello che svolge le funzioni dell’inconscio, sono troppo articolate e complesse per essere contenute nella sequenza di un gene qualsiasi e non è possibile neanche in quello dei neuroni.

Nell’ovocita o nello spermatozoo dovrebbe quindi essere presente una lunga sequenza di particelle, forse troppo piccole da essere individuate con gli attuali strumenti, disposte in modo tale da realizzare un programma come quello di un computer. In queste cellule dovrebbe essere contenuta un’immagine del contenuto del proprio inconscio, acquisito fino a quel momento.

L’embrione, già dai suoi primi istanti di vita, quindi, dovrebbe avere una piccola “intelligenza” già carica con le informazioni delle caratteristiche attitudinali e delle numerose facoltà inconscie ereditate dai genitori.